Immigrazione in Veneto: dobbiamo essere orgogliosi di aver reso la nostra terra una terra di opportunità

Inserito il 14 Settembre 2012 in Immigrazione, Lavoro, Politica, Scuola, Sociale, Territorio


Un’analisi dei dati del Rapporto 2012 presentato a Venezia e una stoccata all’assessore Donazzan: bisogna dare la cittadinanza a chi nasce qui: far crescere dei bambini facendoli sentire un corpo estraneo è l’errore più grave che un Paese moderno e che guarda al futuro con speranza e lungimiranza possa compiere

“I flussi migratori sono crollato ovunque, in Veneto invece si registra semplicemente un calo, al punto che si può parlare di insediamento: gli immigrati che hanno raggiunto la nostra regione sono decisi a costruire qui il proprio futuro. E questo, aldilà degli aspetti demografici, economici ed occupazionali ha inevitabili conseguenze anche sul piano sociale, ignorarle e chiudere gli occhi di fronte a quello che sta avvenendo è irresponsabile”. Il riferimento del consigliere regionale Graziano Azzalin, intervenuto a margine dalla presentazione del “Rapporto 2012 sull’immigrazione in Veneto”, è inevitabilmente alle parole dell’assessore regionale Elena Donazzan che ha definito uno sbaglio concedere la cittadinanza agli stranieri nati in Italia, così come suggerito dal vicedirettore dell’Ufficio scolastico regionale veneto Gianni Miola. “Nelle pagine del Rapporto riferite all’istruzione – aggiunge Azzalin – si mette bene in evidenza la dimensione del fenomeno: la presenza di alunni stranieri è in crescita in tutte le classi. Nel caso della scuola dell’infanzia si registrano gli aumenti più consistenti, ma soprattutto la quota di nati in Italia è vicina all’85%. Ecco, credo che far crescere questi bambini facendoli sentire un corpo estraneo sia l’errore più grave che un Paese moderno e che guarda al futuro con speranza e lungimiranza possa compiere. Questi bambini sono, di fatto, italiani in tutto e per tutto tranne che per la legge e credo che ormai una situazione del genere non sia più accettabile, nemmeno per un nostalgico”.

Per quanto riguarda i dati presentati oggi a Venezia, Azzalin mette in evidenza la crescita che si è verificata nell’arco degli ultimi 20 anni, dai poco più di 25mila stranieri del 1991 ai 530mila registrati al 31 dicembre 2011: “Si tratta di un decimo della popolazione complessiva della nostra Regione, una componente ormai strutturale aldilà delle contingenze, una componente fondamentale insieme alla quale dobbiamo costruire il futuro del Veneto. Bisogna innanzitutto evitare ghettizzazioni e al tempo stesso non fingere che non vi siano ripercussioni dal punto di vista sociale. Per questo è importante l’analisi dei dati e per questo è fondamentale tenere sempre vivo il confronto con associazioni e rappresentanti di questa fetta di mondo che ha deciso di mettere radici nella nostra Regione e di camminare al nostro fianco per costruire il Veneto di domani. Dovrebbe essere, questa, una cosa che dovrebbe riempirci di orgoglio, soprattutto ripensando ai tempi in cui da questa terra si partiva in cerca di fortuna. Ora la fortuna si viene a cercare qui, perché siamo riusciti a rendere questa terra un logo di opportunità”.

Guardando ai dati della provincia di Rovigo, l’esponente democratico parte da un numero: “529, tanti erano nel 1991 gli stranieri regolarmente residenti in Polesine, ovvero lo 0,2% della popolazione dato più basso di tutta la regione. I dati al 2010 dicono che è stata raggiunta quota 18.494, pari al 7,5%. Una percentuale che sale ulteriormente se si guarda alla fascia d’età sotto i 18 anni: 13,4%. Si tratta di una cifra vicina a quella di Padova (13,5%)e superiore a quella di Venezia (12,1%), a testimonianza di una crescita impetuosa ma non disordinata fatta registrare in questi anni da una terra che ha saputo accogliere ed integrare come il Polesine. Da sottolineare anche come ovviamente la quota di stranieri disoccupati sia cresciuta rapidamente negli ultimi anni fino a divenire un quarto del totale veneto (25% a fronte del 15% su scala nazionale), tuttavia anche se gli andamenti congiunturali rendono difficile la situazione tanto degli autoctoni che degli immigrati, la partecipazione al mercato del lavoro degli stranieri si mantiene su livelli elevati: a Rovigo, in particolare, le assunzioni nel lavoro dipendente in agricoltura sono state poco meno di 3mila (2.951, secondo in valore assoluto solo a Verona, 21.692), con un aumento del 12% dal 2010 al 2011 (Verona 1%, Venezia 14%, Vicenza e Belluno 9%, Padova 3%, Treviso addirittura -2%). L’incidenza degli stranieri sul totale di disoccupati, fra l’altro, a Rovigo è di gran lunga la più bassa rispetto a tutte le province venete (i disoccupati stranieri sono il 18% del totale, gli inoccupati il 22%). Ricordiamoci, poi che i lavoratori domestici stranieri assicurati all’Inps sono l’85% del totale. Insomma, dalla scuola al lavoro, in Polesine come nel resto del Veneto, il futuro sarà sempre più ricco di apporti ‘nuovi’. Se guardiamo al Paese che più di ogni altro ha costruito le proprie fortune sugli immigrati, gli Stati Uniti, non possiamo non vedere questa come un’immensa ricchezza. Ci sono tanti non veneti che vogliono costruire il futuro del Veneto”.

 

A questo link il Rapporto in pdf e gli atti del convegno di presentazione




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