Chiedi chi erano i Beatles, lui ti risponderà: Bersani a Rovigo ha confermato di essere il miglior candidato a guidare l’Italia

Inserito il 24 Novembre 2012 in Politica


Non un divo, ma un politico onesto, serio e preparato. Non uno showman ma una persona con la quale è piacevole conversare. Non un venditore di illusioni, ma un uomo che dice pane al pane e vino al vino. Questo è il Pierluigi Bersani che conosciamo e questo è anche il Perluigi Bersani che è stato possibile incontrare nella sua visita a Rovigo: “Oh, non è che facciamo le primarie per pettinar bambole, ma per aprire un confronto con tutti su ogni tema, compreso il candidato del centrosinistra alle prossime elezioni. Scusate se è poco”.

Non un divo, ma un politico onesto, serio e preparato. Non uno showman ma una persona con la quale è piacevole conversare. Non un venditore di illusioni, ma un uomo che dice pane al pane e vino al vino. Questo è il Pierluigi Bersani che conosciamo e questo è anche il Perluigi Bersani che è stato possibile incontrare nella sua visita a Rovigo: “Oh, non è che facciamo le primarie per pettinar bambole, ma per aprire un confronto con tutti su ogni tema, compreso il candidato del centrosinistra alle prossime elezioni. Scusate se è poco”.

All’incontro in Camera di commercio il segretario del Pd non ha raccontato barzellette, ma ha instaurato un dialogo con gli attori economici della nostra Provincia, entrando nel dettaglio delle questioni e non nascondendo che per lui chi ha di più deve dare di più. Non ha detto: votatemi che vi farò gran favori. Né: quale crisi? Ma con l’onestà intellettuale che nessuno gli può negare ha spiegato come intende trovare una via d’uscita alla preoccupante situazione socio-economica in cui ci troviamo e come la soluzione passi dal rimettere al centro il lavoro. Ma per questo, ha detto, è necessario cambiare anche la rotta che le destre hanno fatto prendere all’Unione europea spingendola verso la recessione. Non ci si salva se ognuno alza steccati, ha ribadito, “anche perché i finlandesi pensano che stiam qui a suonare il mandolino, ma noi siamo contributori netti dell’Ue”.  Serve un progetto comune fondato sulla reciproca solidarietà. Sul medio periodo ha indicato il settore primario, l’ambiente, le tipicità e l’accessibilità come risorse sulle quali non solo il Polesine, ma l’intero Paese deve fare affidamento. Lo snellimento burocratico, invece, secondo il segretario del Pd, che da ministro ha dimostrato con le “lenzuolate” e le liberalizzazioni che le sue non sono solo chiacchiere, è la chiave per ridare efficienza e credibilità alla pubblica amministrazione e ossigeno alle imprese.

Anche nell’incontro in Gran Guardia Bersani ha dimostrato di avere già vinto. Perché non solo ha portato il Pd ad essere il cuore del dibattito politico italiano, ma non lo ha chiuso in difesa della propria leadership scritta nello statuto, ma ha deciso di offrire agli italiani, a tutti gli italiani, la possibilità di incidere direttamente sulle scelte fondamentali. In questo modo è riuscito a dimostrare, in un momento in cui l’antipolitica, non solo in Italia ma in tutti i Paesi in difficoltà, sembra essere la strada per tagliare definitivamente fuori dalle scelte importanti i cittadini, che solo la buona politica può davvero permettere al popolo di far valere le proprie idee. Il dibattito, l’attenzione, l’entusiasmo ed il consenso che si sono attivati con le primarie da lui volute e organizzate sono la conferma che i partiti, con tutti i loro difetti, sono ancora la forma vera di partecipazione attiva alla vita politica. Certo, i partiti vanno rinnovati e migliorati, ma restano una garanzia in più per la democrazia, come del resto sancito dall’articolo 49 della nostra bellissima Costituzione (Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale: se poi invece di partiti vogliamo chiamarli movimenti, la sostanza non cambia anche se per chi parla solo il verbo del populismo è meglio giocare con le parole).

Per questo Bersani sa già di avere vinto la propria sfida come segretario del Pd. E per questo ha potuto dire: “Mi auguro che il Pdl ci imiti e faccia le sue primarie. Ma oggettivamente lo vedo difficile, perché non si può passare di botto dall’imperatore alla democrazia, si stanno già rendendo conto che non avere un partito strutturato ma solo clientele e personalismi non consente di sostenere il giudizio degli elettori”. Perché per organizzare le primarie, ci vuole un popolo, una base, una struttura. Un partito liquido non fa le primarie. Un partito personale non fa le primarie. Ed è per questo che le primarie del tanto vituperato Pd, attireranno al voto molti di più degli elettori che si identificano in questo partito: perché il Pd offre a tutti i cittadini, senza discriminazioni, la possibilità non solo di esprimere le propria opinione (e se questo sembra inutile da sottolineare, ricordiamoci che il movimento degli attivisti del megafono non ha questo diritto essenziale perché il megafono non si può contraddire e i suoi ordini vanno sempre pedissequamente rispettati). Chi dà la colpa a Monti o, peggio ancora, ai komunisti, finge di non sapere cosa è successo negli ultimi anni. E a chi ci viene a dar lezioni  e dettare condizioni diciamo, organizzati, guarda a quello che hai fatto fino ad oggi, confrontati e poi ne riparliamo.

C’è fame di democrazia dopo un ventennio di Berlusconi. Anzi, come ha ben spiegato Bersani, di “berlusconismo”, ovvero di delegittimazione di tutte le istituzioni, della giustizia e di mistificazione totale della realtà. La comunicazione come unico strumento del consenso. Ma se siamo in questa situazione drammatica e la destra è ridotta come è ridotta c’è un perché, ha detto Bersani, ed è vigliacco dar le colpe a Monti: stiamo pagando il conto salato delle politiche della destra europea, ma soprattutto del totale fallimento di quelle italiane. Si è perfino negato che ci fosse la crisi, si sono raccontate bugie e non una riforma è stata fatta per evitare il disastro, al punto che, va ricordato, l’Europa ha chiesto a Berlusconi e Tremonti di firmare delle ipoteche che ora gravano sulla nostra testa. Sono stati loro a sottoscrivere l’impegno per il pareggio di bilancio nel 2013, non bisogna mica dimenticarlo.

Ed è per questo che il centrosinistra ha la forza di proporre un’alternativa politica. Non è vero che le ideologie sono morte, questo lo racconta chi non ha niente da dire. Le idee forti non sono mai morte e in Europa si stanno riorganizzando attorno al patto dei progressisti che ha visto proprio Bersani in prima fila. Un’Europa diversa, l’equità fiscale, i diritti, l’istruzione e la ricerca, la solidarietà, gli incentivi per chi produce lavoro, l’accesso ai servizi, il concetto che chi ha di più deve dare di più, il merito, uno stato che, come è scritto nella Costituzione difesa con le unghie e con i denti dai tentativi di distruggerla del centrodestra, rimuove gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Queste sono le parole d’ordine del centrosinistra. Questi sono i cardini sui quali Bersani vuole che il prossimo governo costruisca il futuro del nostro Paese. E questi sono i motivi per cui il mio sostegno alla sua candidatura è incrollabile.




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