Rifare l’Italia: un’alternativa esiste e passa dal rinnovamento dei partiti e dalla politica con la P maiuscola

Inserito il 12 Settembre 2012 in Blog


L'incontro nazionale di Rifare l'Italia a Reggio Emilia è stato un buon modo per rendersi conto di quante forze fresche e buone idee ci siano all'interno del Pd. A sostegno di Bersani. Nel mio intervento ho sottolineato come, per presentarsi in modo credibile davanti agli elettori, non bastano però solo dei volti giovani, ma un’impostazione politica coerente e con principi saldi. A partire dai temi del lavoro e dell’economia. Le primarie sono un buon modo per confrontarsi su questo terreno

“Non vogliono l’appellativo ‘turchi’, ma sul giovani bisogna puntare l’accento, visto che dell’assemblea nazionale di Rifare l’Italia a Reggio Emilia, la prima cosa che balzava agli occhi era proprio l’età media dei presenti, decisamente bassa. A dispetto di chi pensa di avere il copyright sul rinnovamento”. Graziano Azzalin, consigliere regionale del Veneto è stato uno dei relatori all’incontro del gruppo interno al Pd di cui sono capofila Orfini, Fassina, Orlando, una sorta di “ala sinistra bersaniana” composta principalmente da trenta e quarantenni che, senza smanie di rottamazione, propongono una rigenerazione interna fatta, tuttavia, anche e soprattutto di contenuti e non solo di volti. “Non una corrente”, è stato più volte ribadito, bensì una spinta sulla strada del progressismo europeo.

“Fassina nella sua relazione – spiega Azzalin – ha parlato della necessità di mettere al centro di tutta la riflessione politica di un partito di centrosinistra il tema del lavoro e, soprattutto, delle prospettive: chiedendosi quali sono i contenuti della cosiddetta ‘agenda Monti’, Fassina ha rimarcato senza timore che questa non ha contenuti se non quelli dei tagli e del pareggio di bilancio. Un po’ poco, in effetti, di fronte a un Paese sempre più in ginocchio ed al quale non viene offerta alcuna visione del domani. Quello che deve essere chiaro è che non è vero che non ci sono alternative, ma solo che le forze conservatrici che hanno governato l’Europa in questi anni non hanno saputo evitare una gravissima recessione e che la loro ricetta è fallimentare. E’ in gioco la democrazia fondata sul lavoro e bisogna che sia chiaro che ci sono profonde differenze fra chi intende riportare l’agenda del cambiamento sul terreno democratico e chi preferisce consegnarla ai poteri forti. E, come ha ben detto Orfini, a chi chiede ‘voi sapreste far meglio?’ la risposta è: sì, certo, noi con Bersani sapremmo fare meglio di così”.

Nel suo intervento dal palco Azzalin, è partito dal titolo dell’incontro: “Rifare la Politica. Quella con la P maiuscola”, evidenziando come “la P è, come ha detto il presidente della Repubblica durante la sua visita a Venezia, quella di una politica che non deve più navigare a vista ed essere come foglie al vento in preda a pulsioni populiste, ma deve uscire da logiche di mera gestione del potere e favorire nuove forme di partecipazione con  partiti rinnovati e reali strumenti di partecipazione democratica. Quindi P di politica, di partiti, di partecipazione e di primarie, che non riguarderanno solo la scelta del candidato premier ma la vita stessa del Pd. Siamo come ha detto giustamente Bersani l’unico partito contendibile a differenza dei movimenti personali, ma un partito può essere contendibile anche nei suoi principi fondamentali? Perché, per presentarsi in modo credibile davanti agli elettori, non bastano dei volti giovani, ma un’impostazione politica coerente e con principi saldi. Sono contento che Renzi abbia nella sua squadra Ichino, perché questo aiuta meglio a capire che la contrapposizione è anche ideologica, fra chi crede che si debba partire dai lavoratori e chi invece ripropone la ricetta vecchia del neoliberismo, della flessibilità senza diritti, del ‘Marchionne senza se e senza ma’, della rottamazione del primo maggio come festa inutile e storicamente superata. La P, dunque, è anche quella di progressisti, di un partito che guarda alle esperienze europee di centrosinistra e che si muove coerentemente con quanto sottoscritto con la carta di Parigi, tutto il resto è mettersi davanti allo specchio con una maschera giovane senza realmente cambiare quello che invece va cambiato. E significativo è che nello schieramento avversario di centrodestra vedano nel sindaco di Firenze il candidato ideale per vincere le elezioni e farla finita con ‘questa sinistra’: allargare il bacino elettorale non è certo un male, ma snaturarsi fino a diventare l’opposto da sé sì. E, come ha ricordato Fassina, la platea del Pd non può certo essere quella delle giornate di Cernobbio o del meeting di Rimini”.

Il consigliere regionale veneto ha poi guardato alla competizione che si sta aprendo non nascondendo “che su Bersani inevitabilmente pesa il giudizio che l’opinione pubblica ha sul governo Monti, sui tagli ai servizi locali e ai Comuni, sugli inasprimenti fiscali, sulla riforma-non riforma del lavoro, sulle pensioni. Certo, il senso di responsabilità verso il Paese e gli atteggiamenti assunti per evitare il fallimento, dopo l’irresponsabile parentesi berlusconiana, non sono fatti da tenere in second’ordine quasi ci vergognassimo, anzi va sottolineato come Bersani sia l’unico che non si nasconde come invece fanno tutti gli altri. In ogni caso, credo sarà decisivo  far comprendere le differenze che ci sono sui temi del lavoro e dell’economia, e questo deve rappresentare  un  discrimine inequivoco. E questo è tanto più vero in una regione come il Veneto, una regione, che da un lato vive un problema reale  di rappresentanza politica dopo lo sfaldamento del Pdl e l’emorragia di consensi della Lega, dall’alto vede il suo modello di piccole e medie imprese soffrire di una crisi che non pare reversibile senza interventi forti. Perché fra le tante accuse oltre a socialdemocratici c’è anche quello di statalisti, ma lo vogliamo dire che in questo Paese c’è bisogno di un nuovo senso dello Stato, di un diverso rispetto della res pubblica e di credere che lo Stato possa contribuire alla soluzione dei problemi a dispetto di chi crede che la giustizia e l’equità sociali siano zavorra da tagliare in nome di un mercato che non deve conoscere regole? E noi dobbiamo far valere le nostre idee non con i luoghi comuni, ma con una politica con la P maiuscola”.




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